mercoledì 24 novembre 2010

Formula1 2010: un giudizio sulla stagione appena terminata

Per una valutazione sull'epilogo della stagione 2010 del campionato di formula 1 è stato contattato Maurizio Cacace, giovane laureato triennale in ingegneria meccanica, appassionato di F1 e Licenziato CSAI (commissione sportiva automobilistica italiana) con qualifica di Ufficiale di Gara e Verificatore Tecnico.

Stagione F1 2010 – epilogo
Napoli ha portato fortuna alla RedBull


Domenica 14 Novembre si è conclusa la sessantunesima edizione del campionato mondiale di Formula1. Il finale, come tutti avrete notato, è stato di quelli che non t’aspetti. O meglio, di quelli che t’aspetti! Ha vinto l’auto migliore, la RedBull disegnata dal genio di Adrian Newey, ma il pilota peggio messo in classifica tra i tre contendenti finali. Si perché Sebastian Vettel in vetta alla classifica non c’era mai stato prima nella sua giovane carriera, se non successivamente al Gp di Monaco di quest’anno, quando si era ritrovato appaiato col compagno di squadra Mark Webber. E anche all’ultimo appuntamento della stagione il tedeschino, ribattezzato “baby Schumi”, si è presentato con un importante e sostanzioso ritardo in classifica dal primo: ben 15 punti! Il primo, appunto, quel Fernando Alonso che è andato a tanto così dal portare a casa il suo terzo titolo iridato in carriera, a bordo di una Ferrari che non sempre si è dimostrata all’altezza durante la stagione, ma che ha potuto contare su un livello di affidabilità decisamente migliore rispetto alle dirette rivali austro-inglesi. Il merito del pilota di punta del Cavallino è stato certamente quello di non aver mollato mai, nemmeno quando a metà stagione le cose si mettevano veramente male e il ritardo in classifica era superiore ai trenta punti. Una tenacia e una classe che, condite da due meritatissimi successi a Monza e Singapore, e ripetuti arrivi a podio nel finale di stagione, hanno permesso allo spagnolo di sbarcare ad Abu Dhabi con ben 8 punti di vantaggio su Mark Webber e, come detto, 15 su Sebastian Vettel.
La gara sulla pista dell’Emirato è stata tra le più emozionanti e convulse. Gran premio di Abu Dhabi dominato da Vettel e condizionato dall’ingresso in pista della Safety Car nelle primissime fasi di gara, in seguito a uno spaventoso incidente che ha visto coinvolti il 7 volte campione del mondo Michael Schumacher (al rientro dopo 3 stagioni di stop col team Mercedes) e l’incolpevole Vitantonio Liuzzi alla guida della Force India. Ingresso che ha consentito ai piloti Mercedes (Rosberg), Williams (Hulkenberg) e Renault (Petrov) di effettuare subito il pit-stop per cambiare gomme e passare alle “dure”, con le quali hanno poi corso praticamente l’intera gara. Mossa ovviamente non copiata dal gruppetto dei sei di testa, intenti ognuno a mantenere la propria posizione. La gara è così proseguita con il colpo di scena di Webber che anticipa la sosta a causa di un urto con un muretto e Alonso che, su indicazione dei box(mossa sbagliata?), lo segue al giro successivo. Il risultato è che, sì la Ferrari riesce a restare davanti all’australiano, ma nel frattempo si ritrova imbottigliata nel traffico delle vetture che ancora devono effettuare la sosta e, soprattutto, di quelle di Rosberg, Hulkenberg e Petrov che la sosta l’hanno già eseguita in regime di Safety Car. E’ proprio con il Russo della Renault che Alonso ingaggia un lungo e disperato duello che non porterà frutti allo spagnolo, chiudendo al settimo posto e abbandonando la possibilità di riguadagnare il quarto e quindi il sogno di trionfare nel mondiale alla guida della Rossa.
Questa, in breve, la cronaca dei fatti che hanno incoronato la RedBull dominatrice della stagione 2010. Ma quanto dominatrice? In realtà molto meno di quanto ci si aspettasse a inizio anno. L’intero campionato è stato, infatti, caratterizzato da continui cambi al comando della classifica, dove si sono alternati tutti i piloti dei tre top team Ferrari, McLaren e RedBull. Nonostante l’indiscutibile vantaggio sul piano delle prestazioni (in particolare la capacità di generare un enorme carico aerodinamico rispetto alle concorrenti) testimoniato dalle quindici pole position stagionali, la RedBull ha faticato più del previsto nell’imporre la propria superiorità. Ciò è da imputare sicuramente alla scarsa affidabilità dimostrata. Tantissime le occasioni in cui Mark Webber e, soprattutto, Sebastian Vettel hanno dovuto rinunciare a vittorie e punti importanti a causa di noie meccaniche. Inoltre, la stagione del team della celebre bibita è stata condita da un aspro, ma mai cattivo duello interno tra i suoi due alfieri. Vettel, stracoccolato dalla scuderia che l’ha finanziato e cresciuto sportivamente, si è trovato di fronte un Mark Webber concentratissimo nonostante l’intero box sembrasse palesemente schierato per il tedesco. A questa rivalità va poi aggiunta la politica RedBull, sempre ostentata dal suo D.T. Christian Horner che, nonostante l’evidente favoritismo nei confronti del pupillo del team, si è sempre guardato dall’emettere ordini di scuderia quando c’era da massimizzare un risultato (sarà perché in testa al mondiale c’è stato quasi sempre Webber?). Il risultato è stato che i due piloti RedBull hanno continuato a togliersi punti a vicenda durante tutta la stagione, favorendo il ritorno di avversari arcigni e velocissimi come Hamilton e Alonso, quest’ultimo in testa al mondiale nelle due ultime gare. L’inglese della McLaren invece ha comandato la classifica per diverse settimane, nonostante una monoposto probabilmente non all’altezza nemmeno della Ferrari, dimostrando una volta di più il suo talento. Lo stesso talento e la stessa grinta che l’hanno portato, però, a compiere diversi errori nell’ultima parte di campionato, costringendolo a un’inverosimile rincorsa al titolo finale.
Se Hamilton ha commesso qualche errore di troppo, lo stesso può dirsi di Alonso, Vettel e Webber. Tutti e tre hanno molto da rimproverarsi, in particolare lo spagnolo, che non era nella posizione di potersi permettere passi falsi, non disponendo di un mezzo adeguato a contrastare le RedBull. Sono ancora ben presenti nella mente dei tifosi della Rossa gli svarioni di Cina, Monaco e Spa, tanto per citare i più clamorosi. I piloti RedBull, dal canto loro, sono riusciti addirittura a fare di peggio, sommando ai propri errori il pasticcio di Istanbul, quando una comoda doppietta fu buttata al vento in seguito a un maldestro tentativo di sorpasso di Vettel ai danni di Webber, con l’australiano che ci mise anche del suo per concludere la manovra col botto.
Viceversa abbiamo assistito ancora una volta allo show di talento da parte di un pilota straordinario come Robert Kubica che, con una modestissima Renault, ha dimostrato come l’abilità del pilota conti ancora moltissimo nella prestazione e nella crescita di una vettura. Talento che, invece, pare essere scomparso in Felipe Massa, seconda guida ufficiosa della Ferrari, i cui nervi e le cui ambizioni sono crollate definitivamente dopo l’ordine di scuderia ricevuto all’Hockenheimring (GP di Germania). Ordine impartito dal muretto Ferrari che negò, di fatto, al brasiliano la possibilità di vincere la gara, dovendo questi lasciar strada al compagno Alonso, meglio piazzato in classifica. A quell’episodio seguì una lunga scia di polemiche a carico del team di Maranello, quasi a dimenticare che la Formula1 è anche uno sport di squadra e che i giochi “in casa” sono sempre esistiti e sempre esisteranno, nonostante l’assurda regola (prontamente rivista dalla FIA in seguito all’accaduto) che ne vietava l’adozione.
Da quel momento, però, Massa ha completamente mollato ogni pretesa sul mondiale, e le prestazioni ne hanno risentito enormemente, relegandolo spesso a metà classifica. La tenuta mentale, infatti, è il maggior limite del brasiliano, nonostante le grandi doti velocistiche che ha sempre dimostrato di possedere.
A dispetto, comunque, degli alti e bassi dei vari protagonisti, possiamo tranquillamente affermare che quella appena conclusasi è stata un’annata esaltante per la Formula1. Raramente, forse mai prima d’ora, s’erano presentati in quattro all’ultimo appuntamento con la possibilità di vincere il titolo. Ancor più esasperata è stata l’escalation di novità tecniche presentate dai diversi team. Sono tanti gli spunti interessanti dal punto di vista tecnico che la stagione ci ha riservato, ma andiamo con ordine. Cominciamo dalla soluzione che nello scorso campionato aveva sollevato tante polemiche circa la sua regolarità: dopo il 2009, anno in cui l’allora BrawnGp aveva dominato sorprendendo tutti (anche la FIA) con l’introduzione del “diffusore soffiato”, “doppio diffusore” o diffusore “col buco”, nel 2010 tutte le scuderie, in maniera più o meno efficace, hanno presentato tale soluzione sulle proprie vetture. Con l’adozione del doppio diffusore, e in alcuni casi (McLaren per esempio) del triplo diffusore, si è riusciti a ottimizzare l’estrazione dei flussi d’aria dal fondo della vettura verso l’esterno, potendo creare una zona di depressione molto spinta in corrispondenza dell’elemento in questione (freccia rossa nel disegno):


Tale depressione ha l’effetto di “risucchiare” fuori l’aria più velocemente, incrementando sensibilmente l’effetto di “deportanza”. Quest’ultima è la forza che l’aria, penetrata dall’auto, esercita verso il basso, favorita dalla particolare conformazione aerodinamica ad “ala rovesciata” che caratterizza una Formula1, ma più in generale, tutti i veicoli progettati per elevatissime prestazioni. Maggiore è il valore di deportanza sviluppato da una monoposto, tanto migliore sarà la sua tenuta di strada, risultando letteralmente “incollata al suolo”.
deportanza - fonte

In figura è mostrato un tipico profilo alare da Formula1 investito da un flusso d’aria. L’aria che scorre al disotto del profilo, procede con velocità maggiore rispetto a quella che scorre lungo la superficie superiore. Il risultato è una depressione nel sotto ala, e una compressione all’estradosso (parte superiore) che genera una spinta verso il basso. Se si immagina una Formula1 nel suo complesso come un’ala rovesciata, il doppio diffusore svolge proprio il compito di favorire l’accelerazione del flusso d’aria sottostante, aumentando la depressione.
Sebbene questa soluzione sia stata accolta nel mondo delle corse come una novità, è bene far notare che non si tratta di novità assoluta in Formula1. Correva l’anno 1993, infatti, quando in casa Benetton, Ross Brawn (proprio lui che ha fatto scuola l’anno scorso) e Rory Byrne adottavano una soluzione vista già sulla Williams di Patrick Head e Adrian Newey (attuale progettista RedBull)…il doppio diffusore!!! Anche questa volta, come tante altre, la Formula1 ha dunque scavato nel passato per ricercare qualche buona soluzione che sbaragliasse la concorrenza.
Come detto però, la questione e lo sviluppo del double decker, come lo chiamano gli inglesi, non sono state le uniche a tenere banco durante la stagione. Altra grande novità di quest’anno è stata, infatti, l’adozione da parte di quasi tutte le scuderie, del cosiddetto F-Duct, o condotto fluidodinamico.
Soluzione introdotta sin da subito in casa McLaren, lasciando la concorrenza a bocca aperta, è stata poi copiata e implementata anche dai principali rivali di RedBull e Ferrari. Si tratta di un sistema in grado di incrementare la velocità massima della monoposto solo quando vene sia il bisogno, cioè nei tratti rettilinei. Concettualmente il sistema è semplice: un condotto, che parte da una presa d’aria esterna, prosegue all’interno dell’abitacolo e corre lungo il cofano motore, convogliando una certa quantità d’aria a ridosso dell’alettone posteriore. Tale flusso d’aria, incidendo secondo un certo angolo sull’ala, rispetto al flusso aerodinamico per il quale l’ala stessa è progettata, provoca il distacco della “vena fluida”, che in condizioni ideali aderisce al profilo, mandando in stallo l’intero alettone.
Alettone in stallo significa ridotta resistenza all’avanzamento e maggiore velocità di punta, a parità di tutti gli altri fattori. Ovviamente al vantaggio della velocità si contrappone la perdita di carico deportante agente sull’alettone posteriore e, quindi, una minore tenuta con conseguente rischio di sbandata in curva. E’ per questo che il sistema F-Duct prevede l’azionamento del condotto solo quando è necessario e da parte del pilota, che diventa parte attiva del suo funzionamento. Egli infatti, tappando con un ginocchio, un gomito o una mano un apposito foro collegato al condotto e ricavato nell’abitacolo, è in grado di far funzionare il dispositivo impedendo che l’aria proveniente da un’opportuna presa esterna si disperda nell’abitacolo stesso, ma facendo in modo che giunga nel condotto e quindi all’alettone. 
F-duct detail fonte scarbsf1
 

F-duct Ferrari - fonte
Purtroppo, però, la FIA ha deciso di abolire l’utilizzo di tale dispositivo a partire dalla stagione 2011 a meno di cambiamenti futuri. In una Formula1 imbrigliata da regolamenti tecnici che tarpano le ali all’inventiva degli ingegneri, fa piacere ogni tanto notare come qualcuno riesca ancora a inventare qualcosa di interessante. Nonostante ciò, si decide di volta in volta di bandire quel qualcosa in nome di una esasperata ricerca della sicurezza, dimenticando forse che il rischio è parte integrante di questo sport e ne determina in gran misura il fascino. Stessa sorte dell’F-Duct attende il doppio diffusore, anch’esso bandito dalla stagione prossima.
Parliamo ora delle altre novità tecniche introdotte quest’anno. Questa volta si tratta di novità di regolamento. Stiamo parlando dell’abolizione dei rifornimenti durante il pit stop, e della riduzione della larghezza per quanto riguarda il battistrada degli pneumatici anteriori.
Dal 1994 eravamo abituati ad assistere, durante i gran premi, a soste ai box con cambio gomme e rifornimento di carburante. Le gare erano così suddivise in due o tre “stint” (talvolta quattro) in cui i piloti tiravano al massimo fino a svuotare il serbatoio per poi rifornire e concludere la gara. Quest’anno, invece, ha sancito il ritorno all’antica. L’intera gara va affrontata senza mai rabboccare il carburante. Ciò significa che il pilota si trova a dover gestire un’auto dapprima pesantissima, partendo col pieno, cercando di non strapazzare troppo le gomme, per poi guidare una vettura sempre più leggera e agile nel corso del gran premio. Siamo tornati, dunque, a pit-stop fulminei della durata di 3 o 4 secondi al massimo (salvo imprevisti) e il meccanici del cambio gomme sono tornati a coprire un ruolo fondamentale nell’economia di una gara.
cambio gomme per Alonso - fonte
L’abolizione dei rifornimenti ha imposto agli ingegneri la progettazione di serbatoi più grandi, con capienze di oltre 230 litri, rispetto ai 130/140 litri degli anni precedenti. Un tale cambiamento ha influito, ovviamente, sulla progettazione dell’intera vettura, dovendo riuscire a sistemare tali serbatoi in maniera opportuna senza penalizzare eccessivamente il disegno dell’auto.
Per quanto riguarda, invece, la riduzione della larghezza degli pneumatici anteriori, si è passati dai 270mm del 2009 agli attuali 245mm. Questa modifica si è resa necessaria in seguito alle indicazioni riportate dai piloti nella passata stagione. A quanto pare gli pneumatici anteriori, così com’erano, sembravano sovradimensionati rispetto al reale fabbisogno. Ciò determinava, molto di frequente, comportamenti eccessivi e imprevedibili di sovrasterzo delle vetture, evidentemente troppo puntate sull’anteriore.
Quest’anno la FIA ha anche deciso, d’accordo con i team, di vietare in maniera non formale l’utilizzo del sistema di recupero dell’energia cinetica K.E.R.S., riservandosi però di poterlo reintrodurre con modalità differenti nelle stagioni successive.
Altra novità ha riguardato la modifica al sistema di assegnazione dei punteggi in gara, ora molto simile alla MotoGp.
La stagione 2010 ha, inoltre, visto l’iscrizione di tre nuovi team (Virgin, Hispania Racing Team e Lotus) al campionato. Tutti e tre hanno avuto risultati deludenti, ma hanno comunque contribuito a rinfoltire la griglia che dopo l’abbandono della Toyota rischiava di vedere al via solo 18 piloti. In aggiunta, alla guida di una delle due HRT si è visto un pilota dal cognome certamente suggestivo, un certo Bruno SENNA, nipote di quell’Ayrton che resterà sempre indimenticato nei cuori degli appassionati.
Ma di sicuro la novità che più ha scosso il circus nell’inverno scorso, è stata la clamorosa decisione di Michael Schumacher di tornare a gareggiare nel mondiale. Ancora più clamorosa è stata la notizia che il tedesco dopo 14 anni si sarebbe calato in un’auto non rossa, bensì in una freccia d’argento Mercedes. Michael, spinto dalla rinnovata voglia di competizione (probabilmente mai svanita del tutto) e dall’impossibilità di guidare per l’amata Ferrari, ha accettato un contratto di 3 anni con gli amici della Mercedes (squadra grazie alla quale ha mosso i primi passi in Formula1 ancora 22enne) e soprattutto con la supervisione del grande compagno di tutti i suoi successi, Ross Brawn. Questa, a detta del Fenomeno, l’unica combinazione che avrebbe mai potuto far si che guidasse per una scuderia che non fosse quella di Maranello.
Nonostante la gran voglia di rimettersi in gioco, e la mai tramontata passione agonistica, la seconda carriera di Michael non è cominciata certo nel modo migliore. Quasi sempre battuto in qualifica dal suo più giovane connazionale Nico Rosberg, per la prima volta da quando corre in Formula1, ha concluso una stagione completa senza una vittoria. Probabilmente un’auto non all’altezza, tre anni di inattività e quarantuno all’anagrafe, con una Formula1 in continuo cambiamento, hanno contribuito alla stagione opaca del tedesco che, però, non ha privato i suoi tifosi di ottimi exploit sulle piste storiche che l’hanno visto sempre protagonista, come Barcellona, Suzuka e, ovviamente, il “suo salotto” Spa-Franchorshamps. Ha dimostrato, poi, un lento ma progressivo miglioramento nell’arco della stagione. Ciò dovrebbe far ben sperare chiunque si professi appassionato di questo sport, in quanto Schumacher rappresenta la Formula1 ed è giusto che se corre lo faccia per vincere, come ha sempre fatto. Dunque, possiamo dire “rimandato a settembre”, o meglio, a marzo.
Stagione 2011 che vedrà al via ben cinque campioni del mondo, probabilmente dato unico nella storia della Formula1. Ci si aspetta la conferma delle prestazioni RedBull, la riscossa di Ferrari e McLaren, e l’ingresso nella lotta per il mondiale del Team Mercedes, da tempo ormai concentrato sullo sviluppo della nuova monoposto.
Il tutto sarà condito da un’ennesima incognita, e cioè il fornitore di pneumatici. Dall’anno prossimo infatti sarà l’italiana Pirelli ha fornire le “scarpe” ai bolidi di Formula1. A tal proposito è ben noto quanto le gomme rappresentino la variabile più pesante nel complesso insieme di variabili che fanno la prestazione. Non ci resta dunque che attendere, aspettandoci magari un clamoroso rimescolamento dei valori in campo.

lunedì 15 novembre 2010

Impianti ORC - Cicli rankine a fluido organico: descrizione ed applicazioni

Impianto combinato motore alternativo - ORC - fonte Wartsila
 In questi ultimi anni la ricerca riguardante gli impianti per la produzione di energia di piccola e media taglia si è focalizzata anche su applicazioni tradizionali e antiche come gli impianti basati sul ciclo rankine il cui spunto innovativo sia legato alla tipologia di fluido di lavoro utilizzato, fluidi organici e non più acqua.
Gli impianti ORC (Organic Rankine Cycle) utilizzano sostanze diverse dall'acqua, come idrocarburi, HCFC, polisilossani, dall'elevato peso molecolare e dalla bassa temperatura di cambiamento di fase, per produrre energia anche da fonti di calore a temperatura medio-basse. In tal senso la scelta del fluido, per ottimizzare il rendimento del ciclo termodinamico, è effettuata in funzione della temperatura della sorgente termica a disposizione.
Tali impianti sono spesso accoppiati a pannelli solari, fonti di calore basate sulla geotermia, biomasse, recupero di calore da processi industriali e sono utilizzati spesso a fini cogenerativi, laddove l'energia termica è disponibile sotto forma di acqua alla temperatura di 60-90 °C.

ciclo e Schema di impianto ORC - fonte ENEA

Dallo schema riportato in figura - ne sono disponibili diverse versioni in rete in massima parte provenienti da siti e pagine dell'ENEA - si evince che lo schema è del tutto simile a quello di un impianto basato sul normale ciclo rankine acqua-vapore, con l'unica differenza - come si vede dal ciclo stesso - legata alla presenza di olio diatermico che ha caratteristiche peculiari tali da renderne favorevole l'utilizzo in determinati casi.  In tal senso, sfogliando le pagine dei principali produttori europei e mondiali di impianti ORC, appare evidente che l'utilizzo è limitato e strettamente collegato a:
  • presenza di biomasse da bruciare
  • energia termica proveniente dalla terra (impianti geotermici)
  • recupero termico da altri motori primi
  • accoppiamento con pannelli solari
Il vettore energetico utilizzato per la vaporizzazione del fluido organico è in genere oli diatermico (olio minerale, o sintetico per temperature oltre i 300°C) o acqua, mentre per la condensazione è utilizzata acqua. L’utilizzo di olio diatermico consente inoltre di evitare l’impiego di caldaie ad alta pressione.
Il fluido di lavoro, come detto precedente, è un composto organico (o una miscela) caratterizzata da alto peso molecolare: ciò permette di ridurre la velocità di rotazione dell’espansore e una connessione diretta al generatore.  Altra caratteristica peculiare dei fluidi impiegati nei cicli ORC è quella di essere “fluidi secchi” cioè caratterizzati da una pendenza positiva della curva del vapore saturo. Questo permette di avere un vapore surriscaldato a fine espansione anche partendo dalla curva del vapore saturo, con il vantaggio di assenza di condensa in turbina e la conseguente preservazione delle parti a contatto con il fluido dalla erosione.   Dato che uno dei dati di progetto principali è la temperatura della sorgente termica,  sia la sceltadel fluido organico da impiegare che la progettazione della turbina sono fatte in funzione della tipologia di sorgente cui l'impianto ORC va accoppiato per ottimizzare i rendimenti del sistema.



Sono quattro i principali costruttori di impianti ORC al mondo, tre americani (Infinite TurbineOrmat e UTC Power )  ed uno italiano(Turboden), anche se controllato dal 2009 dalla Pratt & Whitney.   In genere tali impianti sono utilizzati per la generazione distribuita a fini cogenerativi e le taglie degli impianti variano molto, anche se in massima parte possono essere facilmente inserite in ambito di micro e mini generazione di energia: molte case costruttrici propongono moduli dalle poche decine di kW fino al MW e oltre.
 Fra le aziende indicat va segnalato che l' Ormat è la società leader mondiale nel campo degli impianti basati sull'energia geotermica. In tal senso propone impianti ORC la cui fonte di calore provenga da energia geotermica, oltre a quelli basati su altre fonti di calore.  Sul sito dell'Ormat sono disponibili animazion riguardanti impianti binari basati sui cicli rankine organici.  Anche l'italiana Turboden offre impianti modulari da collegare direttamente agli impianti, come nei casi delle altre aziende.
Per quanto riguarda le prestazioni, appare evidente che dipendano fondamentalmente dalla temperatura della sorgente termica e quindi dalla tipologia di fluido utilizzata.  Va scritto - fonte ENEA - che i moduli ORC attualmente commercializzati hanno una taglia fra i 30 e i 1500 kW con un rendimento elettrico che si aggira fra il 18 e il 20% ed un indice di primo principio per quanto riguarda l'applicazione in campo cogenerativo (produzione combinata di energia elettrica e termica) che può raggiungere il 75-80%.  Per quanto riguarda il recupero termico, stanti le basse temperature in gioco, è messa a disposizione acqua calda per usi sanitari alla temperatura di 60-90 °C.
Nonostante gli impianti che utilizzano il ciclo Rankine organico siano poco o nulla studiati nei corsi universitari, si tratta di una realtà consolidata in alcune nicchie di mercato come quella dell'utilizzo della geotermia, del solare termodinamico e delle biomasse come combustibile:  Ormat ha installato oltre 1100 MW di impianti ORC per lo sfruttamento di energia geotermica e Turboden, come ben pubblicizzato sul loro sito internet ha al suo attivo oltre 150 installazioni per un totale di circa 0.18 MW. Sempre sul sito della Turboden sono disponibili schemi, immagini e dati caratteristici di alcuni impianti realizzati.
Per quanto riguarda i costi di impianto, il costo complessivo di un impianto, compreso di caldaia, turbogeneratore, collegamenti e quant'altro, si aggira fra i 3500 e i 6400 €/kW installato, mentre i costi del solo turbogeneratore si possono stimare attorno a 900-1600 €/kW installato.

Bibliografia
M. Bianchi, P. R. Spina, G. Tomassetti, D. Forni, E. Ferrero, "Le tecnologie innovative ed efficienti nei sistemi di generazione in assetto co-trigenerativo e nei sistemi integrati con unità a pompa di calore nelle applicazioni industriali e del terziario", Report RSE/2009/18 Enea - Ministero per lo sviluppo economico.
 Articoli presenti sul sito turboden
Video ed immagini sono stati "linkati" dalla rete e pertanto si suppone siano di pubblico utilizzo previa indicazione della fonte. Se così non fosse verranno rimossi dopo segnalazione degli autori.

mercoledì 10 novembre 2010

Convegno di presentazione del master Uninauto: I veicoli a propulsione ibrida e la mobilità sostenibile (programma e dettagli)

Il 26 novembre presso l' Aula Scipione Bobbio della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” sita in piazale Tecchio si terrà l'oramai tradizionale convegno di presentazione del master di II livello in ingegneria dell'autoveicolo "UninAuto". Il tema scelto dagli organizzatori per iniziare nel migliore dei modi il sesto anno è
I veicoli a propulsione ibrida e la mobilità sostenibile: nuove sfide tecniche, ambientali e nella formazione universitaria”. Il Master Uninauto prepara gli ingegneri di domani”.

Dopo i saluti di rito di rettore, preside e presidenti di consiglio di corso di laurea / dipartimento, saranno diverse le personalità di spicco del mondo "automotive" ad intervenire sul tema, dall' Ing. Felisa A.d. Ferrari all'ing. Cipolla di GM, dal direttore di Quattroruote ad ingegneri provenienti da Pininfaria, Audi e Piaggio. 

Di seguito sono riportati sia il programma dettagliato  del convegno che il  comunicato stampa di presentazione del master di II livello


  Il programma del convegno

Ore 9,00  saluti Rettore Università degli Studi di Napoli prof. dr. Massimo Marrelli,
                          Presidente del Polo delle Scienze e Tecnologie prof. ing. Massimo D’Apuzzo
                          Preside Facoltà Ingegneria prof. ing. Piero Salatino
                          Direttore Dipartimento di Meccanica ed Energetica prof. ing. Michele Russo
                         
Ore 9,20          Coordinatore Master Uninauto prof. Adolfo Senatore
                        Assessore Università Regione Campania prof. Guido Trombetti
                        A.d. CRF-Elasis Vicepresidente Unione Industriali Napoli ing. Nevio Di Giusto

Ore 10,00        introduce e coordina A.d. Ferrari ing. Amedeo Felisa
Ore 10,15       “Impostazione di un veicolo elettrico” dr. Silvio Angori (Pininfarina)
Ore 10,45      “I motori Hybrid e la gestione dell’Energia secondo GM” ing. Giovanni Cipolla (GM)

11: 15  Coffee break

Ore 11,30    “Lo stile delle prossime vetture Hybrid” ing. Wolfgang Egger (Audi)
Ore 12,00  “Impatto sui clienti europei delle strategie di controllo energetico” Carlo Cavicchi,    (direttore Quattroruote)
Ore 12,30 “L’alta formazione universitaria nel settore autoveicolistico” prof. Giuseppe Cantore (preside Facoltà di Ingegneria Università di Modena)

13, 00 Lunch

Ore 14,30  introduce e coordina ing. Paolo Massai
Ore 14,45 “L’ibrido a due ruote” ing. Luca Carmignani (Piaggio)
Ore 15,15  Presentazione sintesi tesi e Cerimonia consegna Diplomi
Ore 17,00  Intervento conclusivo dell’ing. Antonio Bene “L’innovazione, la presenza sul mercato e le regole del business”


ESPOSIZIONE: Nell’atrio della Facoltà si terrà per l’occasione un’esposizione di auto ibride e componentistica.

Presentazione della settima edizione del master di II livello "uninauto"
Anche quest'anno il Dipartimento di Meccanica ed Energetica dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II" organizza il Master Uninauto "Master di II Livello in Ingegneria dell'Autoveicolo". Il bando per la VII Edizione, a.a. 2010/2011 sarà pubblicato entro il mese di novembre 2010 sui siti www.unina.it alla voce Master e su www.masteruninauto.it .
Sarà possibile presentare domanda di partecipazione entro il 23 dicembre 2010 presso l'Ufficio Scuole di Specializzazione e Master, via Mezzocannone, 16 - Napoli.

Il numero massimo dei partecipanti è di 25, selezionati sulla base dei titoli e di un colloquio.
Il Coordinatore della VII Ed. è il prof. Adolfo Senatore.

Il Master si propone l’obiettivo di formare ingegneri:
•          altamente qualificati sia per l’industria automobilistica sia per le aziende che operano nel settore della componentistica, particolarmente attenti all’innovazione, alla competitività dei prodotti e allo sviluppo internazionale delle imprese;
•          capaci di gestire sistemi automobilistici integrati, giacché l’attuale livello, altamente complesso e sofisticato, del prodotto automobile, delle tecniche di progettazione e dei processi di costruzione e di assemblaggio, richiede non solo competenze tecniche specialistiche di alto livello ma anche competenze sistemistiche per l’integrazione dei processi.

Le attività del Corso si avvalgono:
•          della docenza di professori e ricercatori universitari, con solida preparazione tecnico-scientifica generale nel campo dell’ingegneria del veicolo;
•          della docenza di operatori del mondo delle imprese, con significativa esperienza in campo autoveicolistico;
•          di testimonianze di personalità di rilievo del mondo industriale e scientifico dell’ automobile;
•          di un ciclo di seminari tematici che rappresentano un ulteriore approfondimento di problematiche attuali.
•          di collaborazioni e testimonianze di altre Università italiane ed estere;
•          di stage formativi presso alcune delle aziende sponsorizzatrici, che costituiranno una concreta esperienza lavorativa “sul campo” per i partecipanti.

Tra le aziende che sponsorizzano o che offrono collaborazione a vario titolo, troviamo:
Aziende Promotrici: Elasis Scpa, Ferrari Auto Spa
Aziende Sostenitrici: Alfa Romeo spa, Italdesign-Giugiaro spa, Lms Italiana srl, TLandi Renzo, , Step spa, Denso Thermal Systems Spa, Webasto Spa, Oerlikon –Graziano Trasmissioni,
Con la partecipazione di :ATA, Centro Ricerche Fiat, Unione Industriali Napoli, CNR Centro Nazionale Ricerche , CNR Istituto Motori, Enginsoft, Assomotoracing

Da quest'anno il Master Uninauto è anche Master INPDAP Certificated. Sono previste 20 borse di studio a copertura totale dei costi di partecipazione per i dipendenti e i figli ed orfani di dipendenti e pensionati INPDAP e della pubblica amministrazione. Maggiori informazioni e il modulo di domanda su www.inpdap.it alla voce Master Inpdap Certifcated.

La presentazione della VII Edizione del Master si terrà il giorno 26 novembre 2010 nell'ambito del Convegno:
“I veicoli a propulsione ibrida e la mobilità sostenibile: nuove sfide tecniche, ambientali e nella formazione universitaria - Il Master Uninauto prepara gli ingegneri di domani”, a partire dalle ore 9,00 presso l'aula Scipione Bobbio, Facoltà di Ingegneria, I piano p.le Tecchio, 80.
Nell'occasione sarà anche allestita una mostra di vetture ibride.

Per qualsiasi informazione sul Master o per confermare la propria partecipazione al Convegno, è possibile rivolgersi alla Segreteria del Master Uninauto ai recapiti che seguono: tel. 0817683295, email
master@masteruninauto.it  oppure info@masteruninauto.it

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