lunedì 28 dicembre 2009

FIRB futuro in ricerca: i progetti ammessi alle audizioni


E' stata pubblicata la lista dei progetti FIRB "Futuro in ricerca" ammessi alle audizioni finali.  Dopo i ritardi e le proteste dei mesi scorsi, a tre giorni dalla scadenza fissata la commissione è riuscita a far pubblicare una lista (pubblica) dei progetti finanziabili ammessi alle audizioni, anche se mancano ancora alcuni settori ( LS1-LS4-PE3-SH3)
La ripartizione fra linea d'intervento 1 e 2 è la seguente, almeno stando ai progetti ammessi alle audizioni:

SH 15 e 23
PE 19 e 54
LS 18 e 33

Sembra quindi che sia di gran lunga stata privilegiata la linea di intervento 2, anche se, essendo da bando previsto lo stanziamento di non meno di 20 milioni per la linea di intervento 1, si suppone che i progetti appartenenti a tale linea, anche se minori in numero, riceveranno maggiori finanziamenti singolarmente.
Sinceramente, al di là delle valutazioni  personali - chi scrive ha ricevuto un buon referaggio per la linea di intervento 1 e buoni punteggi ma non è nella lista degli eletti ;) -  mi sarei aspettato una ripartizione fra linea 1 e linea 2 più prossima al 50%.

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sabato 7 novembre 2009

Esperienze di lavoro (1): Il sistemista offshore

Con la pubblicazione di un intervento a cura dell'amico Ing. Antonino Maresca, voglio inaugurare una sezione del blog dedicata alla raccolta di  esperienze di lavoro di ingegneri laureatisi a Napoli e poi ritrovatisi a svolgere lavori interessanti e particolari in giro per il mondo.  Anche questo secondo intervento, dopo quello pubblicato giorni orsono dal collega Renzo Piazzesi, è particolarmente significativo in quanto Nino svolge un lavoro difficile e d'elite, "sul campo" e che richiede una buona preparazione in vari settori dell'ingegneria.


"Il Sistemista Offshore".

Partiamo dalle parole del mitico prof. Lando (Impianti Industriali - anno 2005): l’ingegnere è uno strano “animale” che cambia continuamente pelle, nel senso che 5-6 (per chi è fortunato…) anni di studio ti danno un bagaglio culturale che sarà sfruttato nella maggior parte dei casi solo per un 10-15% e che nel corso della propria carriera professionale si è chiamati a rapportarsi ripetutamente con realtà lavorative diverse e che quasi mai richiedono nello stesso momento le conoscenze di Scienza delle Costruzioni, Meccanica Applicata, Macchine, Costruzione di Macchine, ecc.
E’ un po’ quello che è capitato a me…


Due giorni dopo la laurea, una delle più grandi aziende italiane mi ha chiamato mentre ero al mare e, nonostante avessi inizialmente declinato l’offerta (visto che avevo iniziato a lavorare in una piccola azienda napoletana), mi ha convinto a fare il primo colloquio per un posto da sistemista offshore.
Ora sfido chiunque a dire che questa è l’occupazione che uno sogna; non tanto per il lavoro in quanto tale, ma per il fatto che saranno in pochissimi a sapere cosa fa un sistemista offshore…
Per farla breve dopo 3 colloqui e qualche giorno trascorso sui vecchi appunti di macchine in vista del colloquio tecnico, ho iniziato un’avventura che in meno di 2 anni mi ha portato a viaggiare per 4 continenti, toccare 14 nazioni diverse e a rapportarmi con le più diverse culture.


Tornando alle parole di Lando, il sistemista offshore non deve essere un progettista (anche se prepara le specifiche di progetto), un metallurgista (anche se sceglie i materiali dei vari componenti) o un esperto di gestione (anche se si trova spesso davanti a contratti con 6-7 zeri e schedule della durata di anni), ma deve conoscere un po’ di tutto e deve essere soprattutto bravo ad adattarsi velocemente alle diverse situazioni in cui si trova ad operare (a volte è cliente e a volte è contrattista, a volte ha ragione e a volte…lo stesso deve cercare di avere ragione).
Da questo punto di vista i Napoletani secondo me hanno un qualcosa in più; e devono essersene accorti anche i vari recruiter visto che su 7 assunzioni totali siamo stati in 5 ad arrivare dalla “Federico II”...


Ma cerchiamo di capire meglio cosa fa un sistemista offshore (oppure offshore system engineer come siamo chiamati all’estero).


Innanzitutto bisogna precisare che stiamo parlando di sviluppi di campi ad olio e/o gas a mare.


Al giorno d’oggi ci sono svariate soluzioni per mettere in produzione un campo offshore, e la prima attività che svolge il sistemista offshore è proprio quella di effettuare un “brainstorming” con un team di colleghi e decidere la strategia di sviluppo.


Una volta ricevute le “Design Basis” del nuovo “field”, vengono decisi quanti pozzi scavare, quante linee di produzione e di controllo saranno necessarie e che tipo di strutture riceveranno la produzione. Per quest’ultime ormai non si parla più semplicemente di piattaforme fisse con un jacket sottostante che appoggia sul fondale (anche perché ormai si mettono in produzioni campi ad oltre 3000m di profondità), ma di FPSO (Floating Production Storage Offloading), che altro non sono che ex-petroliere convertite ad impianti di processo e stoccaggio, di TLP (Tension Leg Platform), SPAR, Semisub, ecc. Non è mia intenzione dilungarmi su tali strutture, ma posso dire che per capire di cosa si parla, basta fare una semplice ricerca su Google.


Dopo questa fase di Concept Evaluation/Selection, inizia la preparazione delle specifiche di progetto che costituiscono la parte tecnica della documentazione per l’ITT (Invitation to Tender) e che sarà spedita alle varie contrattiste sparse per il mondo, le quali dopo alcune settimane preparano la loro offerta.


A questo punto inizia la fase di “clarification”, ovvero vengono organizzati numerosi meeting durante i quali si discutono tutte le “eccezioni” che le contrattiste hanno fatto alle specifiche, visto che difficilmente le loro offerte soddisfano al 100% le richieste.
Il compito del sistemista offshore in questa fase è di preparare un rapporto in cui evidenzia le varie differenze tra le offerte e di effettuare una valutazione (per lo più tecnica), che sarà tenuta in considerazione dai manager che decideranno di assegnare il contratto.


Subito dopo il “contract award” inizia il follow-on delle attività presso il contrattista e il sistemista può essere chiamato a spostarsi presso le varie sedi in cui vengono prodotti i componenti necessari per lo sviluppo del campo.
Personalmente mi è capitato di trascorrere un bel po’ di mesi in giro per il Nord Europa, gli Stati Uniti e l’estremo Oriente.
L’obiettivo è di assicurarsi che la produzione avvenga in conformità alle specifiche, che tutto sia testato secondo le normative API e ISO e soprattutto che vengano rispettati i tempi di consegna.


Una volta che tutti i componenti siano pronti, e dopo che questi siano stati spediti sul campo da mettere in produzione, inizia la fase di installazione, che è quella, permettetemi di dirlo, che dà maggiore soddisfazione poiché offre la possibilità di vedere realizzato e di toccare con mano quello che fino a pochi mesi prima era solo un disegno su carta.


Le operazioni si trasferiscono quindi offshore e pertanto c’è la possibilità di trascorrere periodi piuttosto lunghi in mare sul mezzo d’installazione, che può essere una “nave” (anche se il termine corretto è “drillship”), un semisubmersible rig, un jack-up nel caso di acque poco profonde o un semplice “vessel” dotato delle attrezzature adatte al varo delle linee di produzione (flowline) o di controllo.


Dopo la fase di “commissioning” non resta che effettuare lo start-up e aspettare fiduciosi l’arrivo dell’olio (o del gas) a bordo della struttura dove verrà trattato e stoccato. Naturalmente questo è il momento più emozionante, il coronamento del lavoro di centinaia di persone che per anni hanno dedicato tempo e risorse a quella che rimane la principale fonte d’energia della popolazione mondiale.

giovedì 29 ottobre 2009

[Materiale didattico] --> Lezione su rigenerazione, interrefrigerazione e riscaldamento ripetuto nelle Turbine a Gas

Come promesso, condivido le Slide che ho utilizzato per la lezione riguardante rigenerazione, interrefrigerazione e riscaldamento ripetuto nelle turbine  a gas.
Ovviamente si tratta semplicemente di una serie di grafici, formule ed immagini di ausilio per lo studio e di integrazione per il materiale didattico fornito dal docente .
 Accodo anche alla visione di un paio di video, il primo on line su questo sito già da oltre un anno, il secondo, di qualità non eccelsa, riguardante proprio la tipologia di turbina a gas descritta nelle slide. Si tratta infatti di un modello Capstone di Micro turbina a gas rigenerativa.
Mi riprometto nei prossimi giorni di aggiungere materiale didattico scritto relativo a questa tematica.

Appunti sulla rigenerazione nelle turbine a gas



giovedì 22 ottobre 2009

Lavorare lontano: scelta o obbligo

Con questo post intendiamo dare inizio ad una discussione su un tema che sta molto a cuore al sottoscritto e, credo di non sbagliarmi, anche a chi mi ospita sul suo blog. Si tratta della emigrazione dei lavoratori dal meridione. Personalmente non sono contrario alla mobilitá del lavoro e dei lavoratori; sia che si tratti di cambiare azienda piuttosto che di cambiare cittá o regione o persino paese. Credo che avere questa opportunitá sia un valore, a patto che sia una scelta del lavoratore non un obbligo. Parlare oggi del posto fisso (leggi Giulio T.) sotto casa mi sembra anacronistico. Tuttavia in tanti anni di annunci e di editti niente si é fatto per risollevare le sorti di quelle aree che vengono considerate depresse e creare occupazione stabile. Sul come e cosa si potrebbe fare per dare una scossa alla economia del Sud, e non solo, ritorneremo con un altro post. Sta di fatto che dove sono nato neanche avere una elevata qualificazione o specializzazione garantisce la possibilitá di scegliere se rimanere e lavorare nella propria cittá o regione.

Una consistente parte degli amici che mi hanno accompagnato negli studi e nella vita (parliamo di ingegneri per lo piú) oggi lavora lontano dalla cittá dove sono nati. Molti si sono "trasferiti" nel nord Italia. Metto tra virgolette trasferiti perché da molti dei loro commenti nei vari social network sembra che non siano proprio contenti della loro "scelta". Forse proprio perché non é stata una scelta libera. Molti altri sono addirittura espatriati. Tutti, comunque, sembrano non rassegnarsi al nuovo luogo di lavoro e vorrebbero riuscire a tornare dove hanno affetti e relazioni.

Per quanto mi riguarda faccio parte della "legione" straniera. É da un anno che vivo in Inghilterra, e per me é stata una scelta consapevole e libera. O almeno non é stata condizionata dalla mancanza di un lavoro. Mi si é presentata l'opportunitá di cambiare, in un momento in cui desideravo farlo, e l'ho colta. Oggi non ho alcuna intenzione di tornare indietro; tuttavia sono consapevole che se volessi tornare, cercare un lavoro nella mia terra natale, o solo sul territorio nazionale, sarebbe estremamente difficile per due ragioni: da un lato la carenza di posti di lavoro e dall'altro la retribuzione. Si perché non si tratta solo di numero di posti di lavoro disponibili. É tutto il quadro in Italia, e specialmente al Sud, ad essere disarmante.

Mi piacerebbe raccogliere i commenti di voi che leggete e conoscere le vostre storie personali: cosa vi ha spinto ad "emigrare", se desiderate tornare nei luoghi della vostra infanzia piuttosto che mettere radici dove ora si svolge la vostra vita (o gran parte di essa).

venerdì 16 ottobre 2009

INNOVAZIONE : Entra in funzione la centrale solare "Diamante" dell'Enel


Come riportato da diversi quotidiani,  ieri è entrata in funzione Diamante, una mini centrale di energia elettrica altamente innovativa, molto bella a vedersi e dal bassissimo impatto ambientale.

Diamante, che prende il nome dalla forma, a struttura geodetica, altro non è che un gigantesco diamante  il cui lato esposto a sud è formato da oltre 30 pannelli solari di ultima generazione ( efficienza intorno al 20%) ed al cui interno ha tre sfere di 2 metri di diametro che costituiscono il sistema di accumulo a base di idrogeno mediante la tecnologia avanzata degli idruri metallici. Il progetto, nato da una collaborazione fra Enel e Università di Pisa, prevede che l'impianto, oggettivamente bello a vedersi oltre che interessantissimo per le scelte impiantistiche e tecnologiche adottate, possa con i suoi 11 kW di potenza di picco fornire energia elettrica all'intero (certamente non vasto) parco di San Rossore a Pisa.   Le dimensioni dell'impianto sono 8 metri di diametro della sfera/diamante e 4 metri di altezza della base di appoggio.
La particolarità dell'impianto consta nel fatto che la presenza degli accumulatori a idruri metallici permette all'impianto di fornire energia elettrica anche nelle ore notturne e quando c'è assenza di sole. Infatti attraverso un processo elettrolitico viene prodotto idrogeno che va ad alimentare un sistema di celle a combustibile. Sarebbe interessante conoscere alcuni dati relativi alle curve di carico ottenibili. E' ovvio che un impianto di questo tipo, al di là delle dichiarazioni, è e resta un prototipo abbastanza costoso o un "esercizio" su come si possano sfruttare al meglio le tecnologie disponibili. Quel che conta è che si continua ad andare verso il concetto di produzione distribuita di energia elettrica da fonti rinnovabili o ad emissioni basse/nulle.  Per le piccole utenze in futuro bisognerà investire sempre di più sul solare ( fotovoltaico o termodinamico) e sull'eolico.

mercoledì 7 ottobre 2009

Raccolta Aggiornamenti FIRB "Futuro in ricerca"


EDIT 28 Dicembre 2009
Uscite finalmente le liste dei progetti ammessi alle audizioni finali.

EDIT 5 Novembre 2009
Sul sito del firb in aggiornamenti è apparso finalmente un comunicato ufficiale riguardante news sul firb "Futuro in ricerca".
 In sintesi, rimandando alla lettura del breve comunicato, sono confermati i numeri già citati più volte in questo ed in altri blog (3.792 domande di cui 1894 per la linea 1 e 1988 per la linea 2 e viene stabilita una nuova data di scadenza della fase di valutazione scientifica: 31 dicembre 2009.

Da qui riprende il mio intervento di Ottobre
Dopo mesi e mesi di silenzio, in attesa che sui siti ufficiali apparisse qualcosa ( il sito ufficiale è fermo a Febbraio 2009... ) , ho cercato un po' su google informazioni su che fine avesse fatto il FIRB "Futuro in Ricerca" ed ho trovato questo blog ( che ritengo sia l'unico effettivamente pieno di notizie in merito)  nel quale, grazie agli interventi di molti ricercatori (strutturati e non), sono state raccolte tutte le (poche) notizie riguardanti l'andamento dell'iter per assegnare i fondi FIRB.
Dopo mesi di silenzio qualcosa si sta muovendo e sono apparsi negli ultimi giorni due articoli riguardanti il firb "futuro in ricerca" su Il Messaggero e su Il Sole 24 Ore.
La situazione è chiara... chiarissima... fin troppo chiara forse...  sono pervenute oltre 3700 domande, il che significa, per chi fa parte del "gruppo", che probabilmente han presentato progetti per questo FIRB un 7000-8000 fra giovani ricercatori precari ( il termine esatto è "non strutturato"... ma precario rende meglio l'idea) con meno di 33 anni e giovani ricercatori strutturati con meno di 39 anni.  Considerato che l'ammontare dei fondi era di 50 Milioni e che le richieste potevano variare fra i 300.000 e i 2 milioni di euro, probabimente di questi 3700 progetti ne verranno approvati un 50-80.  Stante l'elevato numero ed alcuni ritardi burocratici - a quanto risulta dai commenti di chi ha fatto richiesta diretta al ministero via mail - ad oggi (l'articolo del Sole 24 Ore è del 5 Ottobre) ancora non si è formata la commissione che dovrà valutare la marea di progetti, che spaziano attraverso TUTTI i settori di ricerca.

Mi astengo dal commentare ma rilancio e riorganizzo le informazioni prese sperando che possano tornare utili ed invito quanti sono più aggiornati del sottoscritto a scrivere innanzitutto sul blog citato a inizio pagina - dato che sicuramente è più frequentato di questo - quindi di far sapere qualcosa anche al sottoscritto ed a chi passa da queste parti, inserendo un commento.

Aggiornamento del 14/10/2009: Nessuna novità

Aggiornamento del 19/10/2009: Nessuna novità

Aggiornamento del 29/10/2009: Alcune fonti parlano che la commissione è stata formata ( link al blog ricercatoriprecari)

Aggiornamento 3 Novembre 2009: Finalmente è apparso un comunicato sul sito del FIRB: 
Riassumo in breve con un copia/incolla:
Alla data di scadenza del bando risultano pervenuti 3.792 progetti, così suddivisi:
1) linea 1: 1804 progetti
2) linea 2: 1988 progetti
In relazione a quanto sopra, si comunica pertanto che la nuova dead-line della fase di valutazione
scientifica è fissata al 31 dicembre 2009.

venerdì 25 settembre 2009

Le ultra micro turbine a gas... piccoli gioielli da pochi Watt...


Per "micro turbine a gas" si intendono in genere gli impianti per la produzione di energia elettrica basati su turbina a gas capaci di erogare una potenza all’albero inferiore ai 200 kW ma superiore ai 20-30 kW.
In realtà in alcuni ambiti vengono considerate micro-turbine a gas quegli impianti particolarissimi capaci di generare potenza elettrica dell’ordine del Watt o dell’ ordine delle poche centinaia di Watt.
Tali macchine, in gran parte sviluppate al momento solo in fase di progetto, sono definite ultra-micro turbine a gas per differenziarle da quelle di taglia "industriale". E' interessante effettuare una panoramica su tali innovative micro macchine e sull’impiego che è possibile fare di queste.
In prima linea nella progettazione di prototipi di tal tipo è il M.I.T. Da oramai diversi anni ( le prime pubblicazioni in merito risalgono al 2000) viene studiata e progettata una macchina realizzata interamente in materiale basato sul silicio, secondo un sistema a strati in cui ciascun strato sovrapposto costituisce un micro componente dell’impianto, come visibile dalle immagini*. Il prototipo ha dimensioni ridottissime ( 2,1 cm di diametro) e l’albero ha una velocità nominale dell’ordine del milione di giri al minuto. Lo schema d'impianto, così come la fotografia dell'impianto nel suo complesso, ben dimostrano di cosa si stia parlando: non ci si discosta molto dalla realtà se si immagina che tale macchina sia un chip che produce energia elettrica.
In effetti si tratta di una tecnologia sviluppata quasi interamente in silicone o composti di silicio e può essere vista come una serie di wafer sovrapposti, laddove compressore e turbina hanno uno sviluppo completamente bidimensionale. Per far funzionare questo micro impianto servono 16 g/h di combustibile per ottenere una potenza intorno ai 4-10 W. Le temperature in gioco sono molto elevate, di molto superiori a quelle accettabili dalle "normali" micro turbine a gas di taglia industriale: infatti la temperatura di ingresso in turbina è di circa 1600 K. Il M.I.T. lavora a questo progetto da anni ed oramai, rispetto al progetto originario completamente in Si, in studi recenti l'interesse è andato catalizzandosi verso una macchina costituita in parte da Si e in parte da SiC, il che pare renderne più lunga la vita più durevole. E' previsto che si possa fare un utilizzo di tale micromacchina anche in serie, laddove serva una potenza impegnata superiore a quella di un singolo chip.

Esistono ultra micro turbine a gas meno esasperate per quanto riguarda la velocità di rotazione ed aventi una struttura similare a quelle di taglia più consona, come diverse macchine di taglia variabile fra i 40 e i 100 W progettate in Giappone. Trattandosi di materiali quasi-convenzionali e del classico schema impiantistico, i parametri termodinamici caratterizzanti la macchina tornano ad avere valori quasi canonici: la temperatura d'ingresso in turbina nel caso dell' impianto da 100 W è di circa 1300 K, il rapporto di compressione è vicino a 3, la portata d'aria è di circa 2 g/s mentre la velocità di rotazione si aggira intorno ai 600.000 giri/min. Dalla fotografia, nella quale sono riportati un compressore ed un albero di rotazione di un micro impianto, appare evidente che tali
Quel che è davvero interessante riportare, consiste nell' utilizzo che, a detta degli scienziati, si può fare di queste micro macchine. Queste "UMGT" hanno senso laddove vi siano apparecchi che consumino un gran numero di batterie di piccola potenza, in condizioni di utilizzo tali da non permetterne la sostituzione immediata o la ricarica. L' utilizzo per fini militari è quello più evidente, anche se i risvolti nel mondo civile possono essere notevoli. Le applicazioni di tali impianti sono molteplici, divise fra usi civili e militari. Tali macchine sono state evolute per due scopi principali, ovvero la generazione di energia per ricaricare batterie in condizioni estreme, quali missioni militari in zone desertiche oppure come fornitori di energia per piccoli sistemi robotizzati quali piccoli aerei spia delle dimensioni di un insetto o un piccolo uccello. In ultimo non si esclude l’utilizzo per alimentare piccoli robot che possano avere utilizzo non tanto militare ma ludico.

Note:
E' possibile copiare in tutto o in parte questo breve compendio sulle UMGT purchè si citi l'autore e la fonte.
Questo intervento è desunto in buona parte da un paragrafo della tesi di dottorato dell'autore, datata 2007 e prende spunto da una "lecture serie" sulle micro turbine a gas tenutasi nel 2005 al Von Karman Institute, Belgio.

lunedì 14 settembre 2009

Come funziona il motore Wankel


Il motore Wankel è un particolare tipo di motore a combustione interna.
A differenza dei comuni motori "alternativi", il Wankel è un motore di tipo "rotativo". Non è una tecnologia recente (il primo progetto è degli anni '30) ma è stata poco adottata nel corso dei decenni. L'unica casa automobilistica che ha investito su questo motore è stata la MAZDA che da oramai quaranta anni produce auto di serie che nel cofano al posto del classico motore composto da pistoni, cilindri, bielle e manovelle ha il più semplice e compatto motore rotativo.
Per una dettagliata descrizione di come è fatto e dei principi di funzionamento rimando a wikipedia. Dall'immagine* è possibile notare la particolare geometria trocoidale del rotore ed il posizionamento eccentrico degli ingranaggi rispetto all'albero di rotazione. Non sono presenti valvole ma luci di aspirazione e scarico, come nel motore 2T. Il rotore nel suo moto sposta la carica dalla zona di aspirazione alla zona in cui avviene la combustione, innescata da una o più candele, fino alle luci di scarico.

Fra i vantaggi sicuramente si possono annoverare:
  • Elevata potenza specifica (rapporto Potenza/cilindrata) ( la RX-8 ha un motore da 1300 cc ma ha potenza e prestazioni di una Porsche ... anche se in realtà non è corretto parlare di "cilindrata" ;) )
  • semplicità costruttiva ( uno statore ed un rotore)
  • assenza di valvole
  • minor rumore e minori vibrazioni rispetto al "cugino" alternativo
  • Minori emissioni inquinanti di ossidi di azoto
Fra gli svantaggi balzano all'occhio sopratutto:
  • Elevato costo dei materiali, che devono sopportare elevati e repentini sbalzi termici a causa dell'alto regime rotazionale e della forma del motore
  • Maggior produzione di incombusti legati ad una combustione difficilmente completa --> i motori Wankel recenti montano due candele per migliorare la combustione
  • Vita minore rispetto ai motori alternativi
  • consumi elevati
Può sembrare un controsenso che un motore che abbia maggior semplicità costruttiva e minor numero di organi in movimento possa avere una durata inferiore, in realtà contano molto due fattori: lo strisciamento continuo degli angoli del rotore contro lo statore e l'inevitabile stress termico a cui le parti sono sottoposte. Di fatti il regime rotazionale elevato (oltre 9000 giri/min) e la geometria del motore fanno sì che sulle pareti vadano ad impattare in rapida successione fluido freddo e fluido caldo. Le prime versioni di questo motore avevano quindi una scarsa affidabilità ( il motore andava sostituito anche dopo meno di 100.000 km) accanto a consumi elevati ed una combustione non completa, causata dal basso tempo di residenza e dalla geometria della camera di combustione, che portava ad elevate emissioni inquinanti. Nelle ultime versioni dei motori sviluppati dalla Mazda e montati sulla RX-8 alcuni accorgimenti tecnologici quali l'adozione di due candele ed un diverso posizionamento della camera di combustione hanno mitigato tali problemi: la RX-8 è infatti omologata EURO 4.
I consumi sono elevati anche paragonati alle vetture di pari prestazioni e potenza.
Da notare, non è un controsenso, che da una parte questo motore presenta minor produzione di NOx ( ossidi di azoto), dall'altra presenta una maggior produzione di incombusti ( HC e CO ad esempio). Ciò è dovuto al fatto che all'aumentare dei picchi di temperatura in camera di combustione aumentano gli ossidi di azoto ma diminuiscono i prodotti "incompleti" di combustione.



*fonte wikipedia
Nota bene:
Gran parte delle informazioni riguardanti questo motore sono state prese direttamente dalla rete. Interventi come questo hanno lo scopo di trattare argomenti che possano attirare l'attenzione anche dei non studenti in ingegneria meccanica ed allo stesso tempo fornire un aiuto per chi si trova a studiare determinati motori o materie.

giovedì 10 settembre 2009

Didattica... pubblicazione appunti / presentazioni per lezioni fatte

Nelle prossime settimane, volendo provare a far ripartire questo sito/ blog che non ho mai voluto del tutto abbandonare, pubblicherò alcuni PDF riguardanti le presentazioni in powerpoint che nel corso di questi anni ho utilizzato per alcune lezioni indirizzate a studenti universitari o post-universitari. Non si tratta ovviamente di appunti di lezioni ma di strumenti adatti a focalizzare meglio l'attenzione su quel che si sta studiando.

L'argomento delle lezioni riguarderà - per ora, a meno di non trovare aiuti esterni - gli esami del settore disciplinare ING/IND-08 ( Macchine, turbine a gas, motori alternativi a combustione interna, macchine speciali, impianti combinati etc. etc. )

Spero che possano essere d'aiuto per quanti frequentano i primi anni di ingegneria industriale (meccanica, elettrica, chimica ) e per quanti semplicemente desiderano approfondire certe tematiche.

F.

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