mercoledì 24 novembre 2010

Formula1 2010: un giudizio sulla stagione appena terminata

Per una valutazione sull'epilogo della stagione 2010 del campionato di formula 1 è stato contattato Maurizio Cacace, giovane laureato triennale in ingegneria meccanica, appassionato di F1 e Licenziato CSAI (commissione sportiva automobilistica italiana) con qualifica di Ufficiale di Gara e Verificatore Tecnico.

Stagione F1 2010 – epilogo
Napoli ha portato fortuna alla RedBull


Domenica 14 Novembre si è conclusa la sessantunesima edizione del campionato mondiale di Formula1. Il finale, come tutti avrete notato, è stato di quelli che non t’aspetti. O meglio, di quelli che t’aspetti! Ha vinto l’auto migliore, la RedBull disegnata dal genio di Adrian Newey, ma il pilota peggio messo in classifica tra i tre contendenti finali. Si perché Sebastian Vettel in vetta alla classifica non c’era mai stato prima nella sua giovane carriera, se non successivamente al Gp di Monaco di quest’anno, quando si era ritrovato appaiato col compagno di squadra Mark Webber. E anche all’ultimo appuntamento della stagione il tedeschino, ribattezzato “baby Schumi”, si è presentato con un importante e sostanzioso ritardo in classifica dal primo: ben 15 punti! Il primo, appunto, quel Fernando Alonso che è andato a tanto così dal portare a casa il suo terzo titolo iridato in carriera, a bordo di una Ferrari che non sempre si è dimostrata all’altezza durante la stagione, ma che ha potuto contare su un livello di affidabilità decisamente migliore rispetto alle dirette rivali austro-inglesi. Il merito del pilota di punta del Cavallino è stato certamente quello di non aver mollato mai, nemmeno quando a metà stagione le cose si mettevano veramente male e il ritardo in classifica era superiore ai trenta punti. Una tenacia e una classe che, condite da due meritatissimi successi a Monza e Singapore, e ripetuti arrivi a podio nel finale di stagione, hanno permesso allo spagnolo di sbarcare ad Abu Dhabi con ben 8 punti di vantaggio su Mark Webber e, come detto, 15 su Sebastian Vettel.
La gara sulla pista dell’Emirato è stata tra le più emozionanti e convulse. Gran premio di Abu Dhabi dominato da Vettel e condizionato dall’ingresso in pista della Safety Car nelle primissime fasi di gara, in seguito a uno spaventoso incidente che ha visto coinvolti il 7 volte campione del mondo Michael Schumacher (al rientro dopo 3 stagioni di stop col team Mercedes) e l’incolpevole Vitantonio Liuzzi alla guida della Force India. Ingresso che ha consentito ai piloti Mercedes (Rosberg), Williams (Hulkenberg) e Renault (Petrov) di effettuare subito il pit-stop per cambiare gomme e passare alle “dure”, con le quali hanno poi corso praticamente l’intera gara. Mossa ovviamente non copiata dal gruppetto dei sei di testa, intenti ognuno a mantenere la propria posizione. La gara è così proseguita con il colpo di scena di Webber che anticipa la sosta a causa di un urto con un muretto e Alonso che, su indicazione dei box(mossa sbagliata?), lo segue al giro successivo. Il risultato è che, sì la Ferrari riesce a restare davanti all’australiano, ma nel frattempo si ritrova imbottigliata nel traffico delle vetture che ancora devono effettuare la sosta e, soprattutto, di quelle di Rosberg, Hulkenberg e Petrov che la sosta l’hanno già eseguita in regime di Safety Car. E’ proprio con il Russo della Renault che Alonso ingaggia un lungo e disperato duello che non porterà frutti allo spagnolo, chiudendo al settimo posto e abbandonando la possibilità di riguadagnare il quarto e quindi il sogno di trionfare nel mondiale alla guida della Rossa.
Questa, in breve, la cronaca dei fatti che hanno incoronato la RedBull dominatrice della stagione 2010. Ma quanto dominatrice? In realtà molto meno di quanto ci si aspettasse a inizio anno. L’intero campionato è stato, infatti, caratterizzato da continui cambi al comando della classifica, dove si sono alternati tutti i piloti dei tre top team Ferrari, McLaren e RedBull. Nonostante l’indiscutibile vantaggio sul piano delle prestazioni (in particolare la capacità di generare un enorme carico aerodinamico rispetto alle concorrenti) testimoniato dalle quindici pole position stagionali, la RedBull ha faticato più del previsto nell’imporre la propria superiorità. Ciò è da imputare sicuramente alla scarsa affidabilità dimostrata. Tantissime le occasioni in cui Mark Webber e, soprattutto, Sebastian Vettel hanno dovuto rinunciare a vittorie e punti importanti a causa di noie meccaniche. Inoltre, la stagione del team della celebre bibita è stata condita da un aspro, ma mai cattivo duello interno tra i suoi due alfieri. Vettel, stracoccolato dalla scuderia che l’ha finanziato e cresciuto sportivamente, si è trovato di fronte un Mark Webber concentratissimo nonostante l’intero box sembrasse palesemente schierato per il tedesco. A questa rivalità va poi aggiunta la politica RedBull, sempre ostentata dal suo D.T. Christian Horner che, nonostante l’evidente favoritismo nei confronti del pupillo del team, si è sempre guardato dall’emettere ordini di scuderia quando c’era da massimizzare un risultato (sarà perché in testa al mondiale c’è stato quasi sempre Webber?). Il risultato è stato che i due piloti RedBull hanno continuato a togliersi punti a vicenda durante tutta la stagione, favorendo il ritorno di avversari arcigni e velocissimi come Hamilton e Alonso, quest’ultimo in testa al mondiale nelle due ultime gare. L’inglese della McLaren invece ha comandato la classifica per diverse settimane, nonostante una monoposto probabilmente non all’altezza nemmeno della Ferrari, dimostrando una volta di più il suo talento. Lo stesso talento e la stessa grinta che l’hanno portato, però, a compiere diversi errori nell’ultima parte di campionato, costringendolo a un’inverosimile rincorsa al titolo finale.
Se Hamilton ha commesso qualche errore di troppo, lo stesso può dirsi di Alonso, Vettel e Webber. Tutti e tre hanno molto da rimproverarsi, in particolare lo spagnolo, che non era nella posizione di potersi permettere passi falsi, non disponendo di un mezzo adeguato a contrastare le RedBull. Sono ancora ben presenti nella mente dei tifosi della Rossa gli svarioni di Cina, Monaco e Spa, tanto per citare i più clamorosi. I piloti RedBull, dal canto loro, sono riusciti addirittura a fare di peggio, sommando ai propri errori il pasticcio di Istanbul, quando una comoda doppietta fu buttata al vento in seguito a un maldestro tentativo di sorpasso di Vettel ai danni di Webber, con l’australiano che ci mise anche del suo per concludere la manovra col botto.
Viceversa abbiamo assistito ancora una volta allo show di talento da parte di un pilota straordinario come Robert Kubica che, con una modestissima Renault, ha dimostrato come l’abilità del pilota conti ancora moltissimo nella prestazione e nella crescita di una vettura. Talento che, invece, pare essere scomparso in Felipe Massa, seconda guida ufficiosa della Ferrari, i cui nervi e le cui ambizioni sono crollate definitivamente dopo l’ordine di scuderia ricevuto all’Hockenheimring (GP di Germania). Ordine impartito dal muretto Ferrari che negò, di fatto, al brasiliano la possibilità di vincere la gara, dovendo questi lasciar strada al compagno Alonso, meglio piazzato in classifica. A quell’episodio seguì una lunga scia di polemiche a carico del team di Maranello, quasi a dimenticare che la Formula1 è anche uno sport di squadra e che i giochi “in casa” sono sempre esistiti e sempre esisteranno, nonostante l’assurda regola (prontamente rivista dalla FIA in seguito all’accaduto) che ne vietava l’adozione.
Da quel momento, però, Massa ha completamente mollato ogni pretesa sul mondiale, e le prestazioni ne hanno risentito enormemente, relegandolo spesso a metà classifica. La tenuta mentale, infatti, è il maggior limite del brasiliano, nonostante le grandi doti velocistiche che ha sempre dimostrato di possedere.
A dispetto, comunque, degli alti e bassi dei vari protagonisti, possiamo tranquillamente affermare che quella appena conclusasi è stata un’annata esaltante per la Formula1. Raramente, forse mai prima d’ora, s’erano presentati in quattro all’ultimo appuntamento con la possibilità di vincere il titolo. Ancor più esasperata è stata l’escalation di novità tecniche presentate dai diversi team. Sono tanti gli spunti interessanti dal punto di vista tecnico che la stagione ci ha riservato, ma andiamo con ordine. Cominciamo dalla soluzione che nello scorso campionato aveva sollevato tante polemiche circa la sua regolarità: dopo il 2009, anno in cui l’allora BrawnGp aveva dominato sorprendendo tutti (anche la FIA) con l’introduzione del “diffusore soffiato”, “doppio diffusore” o diffusore “col buco”, nel 2010 tutte le scuderie, in maniera più o meno efficace, hanno presentato tale soluzione sulle proprie vetture. Con l’adozione del doppio diffusore, e in alcuni casi (McLaren per esempio) del triplo diffusore, si è riusciti a ottimizzare l’estrazione dei flussi d’aria dal fondo della vettura verso l’esterno, potendo creare una zona di depressione molto spinta in corrispondenza dell’elemento in questione (freccia rossa nel disegno):


Tale depressione ha l’effetto di “risucchiare” fuori l’aria più velocemente, incrementando sensibilmente l’effetto di “deportanza”. Quest’ultima è la forza che l’aria, penetrata dall’auto, esercita verso il basso, favorita dalla particolare conformazione aerodinamica ad “ala rovesciata” che caratterizza una Formula1, ma più in generale, tutti i veicoli progettati per elevatissime prestazioni. Maggiore è il valore di deportanza sviluppato da una monoposto, tanto migliore sarà la sua tenuta di strada, risultando letteralmente “incollata al suolo”.
deportanza - fonte

In figura è mostrato un tipico profilo alare da Formula1 investito da un flusso d’aria. L’aria che scorre al disotto del profilo, procede con velocità maggiore rispetto a quella che scorre lungo la superficie superiore. Il risultato è una depressione nel sotto ala, e una compressione all’estradosso (parte superiore) che genera una spinta verso il basso. Se si immagina una Formula1 nel suo complesso come un’ala rovesciata, il doppio diffusore svolge proprio il compito di favorire l’accelerazione del flusso d’aria sottostante, aumentando la depressione.
Sebbene questa soluzione sia stata accolta nel mondo delle corse come una novità, è bene far notare che non si tratta di novità assoluta in Formula1. Correva l’anno 1993, infatti, quando in casa Benetton, Ross Brawn (proprio lui che ha fatto scuola l’anno scorso) e Rory Byrne adottavano una soluzione vista già sulla Williams di Patrick Head e Adrian Newey (attuale progettista RedBull)…il doppio diffusore!!! Anche questa volta, come tante altre, la Formula1 ha dunque scavato nel passato per ricercare qualche buona soluzione che sbaragliasse la concorrenza.
Come detto però, la questione e lo sviluppo del double decker, come lo chiamano gli inglesi, non sono state le uniche a tenere banco durante la stagione. Altra grande novità di quest’anno è stata, infatti, l’adozione da parte di quasi tutte le scuderie, del cosiddetto F-Duct, o condotto fluidodinamico.
Soluzione introdotta sin da subito in casa McLaren, lasciando la concorrenza a bocca aperta, è stata poi copiata e implementata anche dai principali rivali di RedBull e Ferrari. Si tratta di un sistema in grado di incrementare la velocità massima della monoposto solo quando vene sia il bisogno, cioè nei tratti rettilinei. Concettualmente il sistema è semplice: un condotto, che parte da una presa d’aria esterna, prosegue all’interno dell’abitacolo e corre lungo il cofano motore, convogliando una certa quantità d’aria a ridosso dell’alettone posteriore. Tale flusso d’aria, incidendo secondo un certo angolo sull’ala, rispetto al flusso aerodinamico per il quale l’ala stessa è progettata, provoca il distacco della “vena fluida”, che in condizioni ideali aderisce al profilo, mandando in stallo l’intero alettone.
Alettone in stallo significa ridotta resistenza all’avanzamento e maggiore velocità di punta, a parità di tutti gli altri fattori. Ovviamente al vantaggio della velocità si contrappone la perdita di carico deportante agente sull’alettone posteriore e, quindi, una minore tenuta con conseguente rischio di sbandata in curva. E’ per questo che il sistema F-Duct prevede l’azionamento del condotto solo quando è necessario e da parte del pilota, che diventa parte attiva del suo funzionamento. Egli infatti, tappando con un ginocchio, un gomito o una mano un apposito foro collegato al condotto e ricavato nell’abitacolo, è in grado di far funzionare il dispositivo impedendo che l’aria proveniente da un’opportuna presa esterna si disperda nell’abitacolo stesso, ma facendo in modo che giunga nel condotto e quindi all’alettone. 
F-duct detail fonte scarbsf1
 

F-duct Ferrari - fonte
Purtroppo, però, la FIA ha deciso di abolire l’utilizzo di tale dispositivo a partire dalla stagione 2011 a meno di cambiamenti futuri. In una Formula1 imbrigliata da regolamenti tecnici che tarpano le ali all’inventiva degli ingegneri, fa piacere ogni tanto notare come qualcuno riesca ancora a inventare qualcosa di interessante. Nonostante ciò, si decide di volta in volta di bandire quel qualcosa in nome di una esasperata ricerca della sicurezza, dimenticando forse che il rischio è parte integrante di questo sport e ne determina in gran misura il fascino. Stessa sorte dell’F-Duct attende il doppio diffusore, anch’esso bandito dalla stagione prossima.
Parliamo ora delle altre novità tecniche introdotte quest’anno. Questa volta si tratta di novità di regolamento. Stiamo parlando dell’abolizione dei rifornimenti durante il pit stop, e della riduzione della larghezza per quanto riguarda il battistrada degli pneumatici anteriori.
Dal 1994 eravamo abituati ad assistere, durante i gran premi, a soste ai box con cambio gomme e rifornimento di carburante. Le gare erano così suddivise in due o tre “stint” (talvolta quattro) in cui i piloti tiravano al massimo fino a svuotare il serbatoio per poi rifornire e concludere la gara. Quest’anno, invece, ha sancito il ritorno all’antica. L’intera gara va affrontata senza mai rabboccare il carburante. Ciò significa che il pilota si trova a dover gestire un’auto dapprima pesantissima, partendo col pieno, cercando di non strapazzare troppo le gomme, per poi guidare una vettura sempre più leggera e agile nel corso del gran premio. Siamo tornati, dunque, a pit-stop fulminei della durata di 3 o 4 secondi al massimo (salvo imprevisti) e il meccanici del cambio gomme sono tornati a coprire un ruolo fondamentale nell’economia di una gara.
cambio gomme per Alonso - fonte
L’abolizione dei rifornimenti ha imposto agli ingegneri la progettazione di serbatoi più grandi, con capienze di oltre 230 litri, rispetto ai 130/140 litri degli anni precedenti. Un tale cambiamento ha influito, ovviamente, sulla progettazione dell’intera vettura, dovendo riuscire a sistemare tali serbatoi in maniera opportuna senza penalizzare eccessivamente il disegno dell’auto.
Per quanto riguarda, invece, la riduzione della larghezza degli pneumatici anteriori, si è passati dai 270mm del 2009 agli attuali 245mm. Questa modifica si è resa necessaria in seguito alle indicazioni riportate dai piloti nella passata stagione. A quanto pare gli pneumatici anteriori, così com’erano, sembravano sovradimensionati rispetto al reale fabbisogno. Ciò determinava, molto di frequente, comportamenti eccessivi e imprevedibili di sovrasterzo delle vetture, evidentemente troppo puntate sull’anteriore.
Quest’anno la FIA ha anche deciso, d’accordo con i team, di vietare in maniera non formale l’utilizzo del sistema di recupero dell’energia cinetica K.E.R.S., riservandosi però di poterlo reintrodurre con modalità differenti nelle stagioni successive.
Altra novità ha riguardato la modifica al sistema di assegnazione dei punteggi in gara, ora molto simile alla MotoGp.
La stagione 2010 ha, inoltre, visto l’iscrizione di tre nuovi team (Virgin, Hispania Racing Team e Lotus) al campionato. Tutti e tre hanno avuto risultati deludenti, ma hanno comunque contribuito a rinfoltire la griglia che dopo l’abbandono della Toyota rischiava di vedere al via solo 18 piloti. In aggiunta, alla guida di una delle due HRT si è visto un pilota dal cognome certamente suggestivo, un certo Bruno SENNA, nipote di quell’Ayrton che resterà sempre indimenticato nei cuori degli appassionati.
Ma di sicuro la novità che più ha scosso il circus nell’inverno scorso, è stata la clamorosa decisione di Michael Schumacher di tornare a gareggiare nel mondiale. Ancora più clamorosa è stata la notizia che il tedesco dopo 14 anni si sarebbe calato in un’auto non rossa, bensì in una freccia d’argento Mercedes. Michael, spinto dalla rinnovata voglia di competizione (probabilmente mai svanita del tutto) e dall’impossibilità di guidare per l’amata Ferrari, ha accettato un contratto di 3 anni con gli amici della Mercedes (squadra grazie alla quale ha mosso i primi passi in Formula1 ancora 22enne) e soprattutto con la supervisione del grande compagno di tutti i suoi successi, Ross Brawn. Questa, a detta del Fenomeno, l’unica combinazione che avrebbe mai potuto far si che guidasse per una scuderia che non fosse quella di Maranello.
Nonostante la gran voglia di rimettersi in gioco, e la mai tramontata passione agonistica, la seconda carriera di Michael non è cominciata certo nel modo migliore. Quasi sempre battuto in qualifica dal suo più giovane connazionale Nico Rosberg, per la prima volta da quando corre in Formula1, ha concluso una stagione completa senza una vittoria. Probabilmente un’auto non all’altezza, tre anni di inattività e quarantuno all’anagrafe, con una Formula1 in continuo cambiamento, hanno contribuito alla stagione opaca del tedesco che, però, non ha privato i suoi tifosi di ottimi exploit sulle piste storiche che l’hanno visto sempre protagonista, come Barcellona, Suzuka e, ovviamente, il “suo salotto” Spa-Franchorshamps. Ha dimostrato, poi, un lento ma progressivo miglioramento nell’arco della stagione. Ciò dovrebbe far ben sperare chiunque si professi appassionato di questo sport, in quanto Schumacher rappresenta la Formula1 ed è giusto che se corre lo faccia per vincere, come ha sempre fatto. Dunque, possiamo dire “rimandato a settembre”, o meglio, a marzo.
Stagione 2011 che vedrà al via ben cinque campioni del mondo, probabilmente dato unico nella storia della Formula1. Ci si aspetta la conferma delle prestazioni RedBull, la riscossa di Ferrari e McLaren, e l’ingresso nella lotta per il mondiale del Team Mercedes, da tempo ormai concentrato sullo sviluppo della nuova monoposto.
Il tutto sarà condito da un’ennesima incognita, e cioè il fornitore di pneumatici. Dall’anno prossimo infatti sarà l’italiana Pirelli ha fornire le “scarpe” ai bolidi di Formula1. A tal proposito è ben noto quanto le gomme rappresentino la variabile più pesante nel complesso insieme di variabili che fanno la prestazione. Non ci resta dunque che attendere, aspettandoci magari un clamoroso rimescolamento dei valori in campo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Brillante,giovane,genuino, appassionato, semplice ed al contempo ben strutturato, ancora …energico. Intelligente, dinamico e riflessivo...l'ingegner Cacae ha dimostrato di avere piena conoscenza del tema catapultando e coinvolgendo nel mondo della F1 anche i meno esperti … I miei più sentiti complimenti!
Rosanna.

Anonimo ha detto...

Splendido

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