giovedì 22 ottobre 2009

Lavorare lontano: scelta o obbligo

Con questo post intendiamo dare inizio ad una discussione su un tema che sta molto a cuore al sottoscritto e, credo di non sbagliarmi, anche a chi mi ospita sul suo blog. Si tratta della emigrazione dei lavoratori dal meridione. Personalmente non sono contrario alla mobilitá del lavoro e dei lavoratori; sia che si tratti di cambiare azienda piuttosto che di cambiare cittá o regione o persino paese. Credo che avere questa opportunitá sia un valore, a patto che sia una scelta del lavoratore non un obbligo. Parlare oggi del posto fisso (leggi Giulio T.) sotto casa mi sembra anacronistico. Tuttavia in tanti anni di annunci e di editti niente si é fatto per risollevare le sorti di quelle aree che vengono considerate depresse e creare occupazione stabile. Sul come e cosa si potrebbe fare per dare una scossa alla economia del Sud, e non solo, ritorneremo con un altro post. Sta di fatto che dove sono nato neanche avere una elevata qualificazione o specializzazione garantisce la possibilitá di scegliere se rimanere e lavorare nella propria cittá o regione.

Una consistente parte degli amici che mi hanno accompagnato negli studi e nella vita (parliamo di ingegneri per lo piú) oggi lavora lontano dalla cittá dove sono nati. Molti si sono "trasferiti" nel nord Italia. Metto tra virgolette trasferiti perché da molti dei loro commenti nei vari social network sembra che non siano proprio contenti della loro "scelta". Forse proprio perché non é stata una scelta libera. Molti altri sono addirittura espatriati. Tutti, comunque, sembrano non rassegnarsi al nuovo luogo di lavoro e vorrebbero riuscire a tornare dove hanno affetti e relazioni.

Per quanto mi riguarda faccio parte della "legione" straniera. É da un anno che vivo in Inghilterra, e per me é stata una scelta consapevole e libera. O almeno non é stata condizionata dalla mancanza di un lavoro. Mi si é presentata l'opportunitá di cambiare, in un momento in cui desideravo farlo, e l'ho colta. Oggi non ho alcuna intenzione di tornare indietro; tuttavia sono consapevole che se volessi tornare, cercare un lavoro nella mia terra natale, o solo sul territorio nazionale, sarebbe estremamente difficile per due ragioni: da un lato la carenza di posti di lavoro e dall'altro la retribuzione. Si perché non si tratta solo di numero di posti di lavoro disponibili. É tutto il quadro in Italia, e specialmente al Sud, ad essere disarmante.

Mi piacerebbe raccogliere i commenti di voi che leggete e conoscere le vostre storie personali: cosa vi ha spinto ad "emigrare", se desiderate tornare nei luoghi della vostra infanzia piuttosto che mettere radici dove ora si svolge la vostra vita (o gran parte di essa).

5 commenti:

Fabrizio Reale ha detto...

Ringrazio REnzo per il contributo.
Come già scritto ad altri colleghi, fatemi pervenire le vostre esperienze via mail o attraverso i social network, o semplicemente intervenendo qui con un commento.

Unknown ha detto...

Ottimo articolo, Renzo.

Se posso dare il mio contributo, aggiungerei che il vero problema al "sud" è che nelle poche aziende che ci sono il dipendenet, che sia un operai o un astro-fisico-nucleare-pluri-laureato, verrà sempre considerato come lo "schiavo" del padrone a cui si può imporre tutto senza concedere alcun diritto.
Personalmente ho "scelto" di trasferirmi al nord (Padova) pur avendo un lavoro stabile a 10 km da casa, perchè nella vita lavorativa ci vogliono anche le soddisfazioni, non solo le comodità. Però è dura stare lontani e se solo il sud si accorgesse delle risorse umane che ha, basterebbe poco per ribaltare il dislivello econimico. Purtroppo però, e mi dispiace dirlo, il più grosso dislivello tra "nord" e "sud" Italia è quello di civiltà!
Cmq lasciare la proprio regione non è mai piacevole, anche se può essere una scelta....

Massimo ha detto...

Vorrei aggiungere il mio contributo, da emigrante al contrario, visto che invece di andare al Nord, sono sceso nel più profondo Sud. La scelta lo dico subito non è stata libera, in quanto dopo due anni di libera professione che mi aveva dato belle soddisfazioni nella realizzazione di impianti fotovoltaici, la crisi mi ha investito come un treno e dopo mesi di stallo totale ho dovuto cercare altro. Sono stato fortunato, in quanto sono stato assunto da una azienda austro-spagnola, e per la prima volta in vita mia, ho visto premiati i miei sforzi per il raggiungimento dell'obiettivo, non solo monetariamente ma anche a livello personale. Purtroppo, ogni medaglia ha il suo rovescio, e vivere soli in una città diversa in tutto e per tutto non è per niente facile, e l'essere assorbiti a tempo pieno dal lavoro non permette di creare una vida sociale nuova.
Sono d'accordo in toto con Gianni, se l'imperativo dei cosiddetti "imprenditori" del Sud non fosse lo sfruttamento, non assisteremmo alla continua fuga di cervelli.
Chissà se i nostri figli o nipoti saranno più fortunati...

Anonimo ha detto...

Caro Gianni,
a riguardo delle imprese del nord, non è sempre come dici. Ci sono molte splendide realtà che offrono una reale crescita professionale, ma bisogna stare molto alla larga da quelle rette da artigiani che si son fatti da se, perchè spesso, se dopo decenni decidono di assumere un ingegnere, lo fanno perchè pensano di potergli far fare quello che vogliono loro (nella totale violazione di codici etici) e nei tempi che vogliono loro.
Altro che schiavi..e ne so ben qualcosa.

Raffaele ha detto...

Essendomi laureato nel dicembre del 2008,in pratica nel periodo di crisi più nera,sono rimasto, come si suol dire, "in miez a na via" per circa 4 mesi, cioè fino all'aprile 2009, fino a quando una piccola azienda di napoli mi ha offerto un periodo di stage minimamente retribuito e senza alcuna possibilità di carriera per occuparmi di impianti fotovoltaici. Pur non essendo un amante dello studio ho deciso di tentare la selezione per un master, totalmente retribuito, con tanto di borsa di studio e garanzia di assunzione al termine. Ora vivo a Milano e benchè mi manchi il mio mare, la fidanzata, gli amici e la famiglia non rimpiango assolutamente la scelta fatta. Ogni volta che torno giù ho la sensazione di essere arrivato in uno di quei paesi poveri che mostrano in tv. L'Italia è divisa in due, questo è un dato di fatto, io ho scelto di andare dove si sta meglio e mi dispiace soltanto di non aver fatto nulla per la mia città che amo e che resta una ferita aperta nel mio cuore. Alla fine ho scoperto che molto della Napoli migliore cioè quella dei pensatori, dei lavoratori e della gente perbene si trova qui alla periferia di Milano. Pensateci...

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