venerdì 25 giugno 2010

Il mare come fonte rinnovabile: turbine che sfruttano l'energia delle maree e delle correnti marine

spaccato della centrale mareomotrice di Dinard (fonte wikipedia)
 Anche se raramente se ne parla, esistono centrali per la produzione di energia elettrica  pulita  che sfruttano il mare come fonte rinnovabile.  Prima di entrare nel dettaglio, è di fondamentale importanza distinguere fra centrali che mareo-motrici e centrali mare-motrici, in quanto le prime sfruttano le maree, i cui dislivelli in diverse zone del pianeta sono notevoli, mentre le seconde sfruttano essenzialmente le correnti marine.  Di centrali per la produzione di energia elettrica che sfruttano il fenomeno delle maree,  ve ne sono diverse in servizio da decenni. L'esempio che viene in mente a chi scrive è quello fornito dal Rance Tidal (tide è marea in inglese) Power Station, il più antico e grande impianto del genere dei sette attualmente funzionanti, attivo già dalla fine degli anni '60, costruito sotto un ponte che attraversa il fiume Rance, in Bretagna a pochi chilometri dalla bella Saint-Malo, in prossimità della cittadina di Dinard.  Al di là della bellezza ingegneristica di un'opera del genere, che soddisfa con i suoi oltre 600 GigaWattora prodotti annualmente dalle oltre 24 turbine disseminate sotto gli oltre 750 metri di lunghezza del ponte,  oltre l'1% del fabbisogno della Francia intera (fonte wiki), va sottolineato come, in questo caso come  quasi sempre quando si tratta di produzione di energia da fonti rinnovabili, altro non si tratti che l'ottimizzazione di applicazioni realizzate in scala decisamente più piccola già alcuni secoli fa.  Di "tide mill" (mulini a marea) costruiti nei secoli scorsi ne esistono ancora diversi esemplari.   Per chi non abbia visitato la fantastica e magica Bretagna, va ricordato che in alcune zone della regione il dislivello dovuto alla marea supera gli otto - dieci metri.

Partendo da questi dati assodati, da installazioni attive oramai da decenni, la ricerca si è concentrata in questi anni sull'utilizzo di turbine che possano ricavare energia elettrica dalla forza del mare  (dalle correnti marine ) piuttosto che dalla marea in sè, attraverso installazioni off-shore / subacquee di particolari turbine in grado di gestire in maniera adeguata il variare delle correnti marine e di trasformarne l'energia in elettricità.  All'uopo vengono utilizzate turbine assiali, turbine ad asse verticale, impianti con geometrie particolari e talvolta curiose, progettati per dare la maggiore efficienza possibile in diverse condizioni di funzionamento, al variare delle correnti in intensità e sopratutto direzione. Sono diverse le società che operano nel settore ed in rete è facile reperire diversi video illustrativi riguardanti le potenzialità delle turbine che possano sfruttare le correnti marine.

Di seguito sono riproposti alcuni video attraverso i quali è possibile meglio comprendere come funzionano queste turbine a correnti marine:

martedì 1 giugno 2010

Iniezione diretta ed indiretta e limiti del carburatore ( sistemi di alimentazione dei motori ad accensione comandata)

Quanto segue è stato scritto per studenti di un corso di Macchine da 3 crediti e pertanto risulta essere un sunto di tematiche che andrebbero trattate con molta più profondità
 
fonte: virtualcar
E' evidente che per i motori alternativi a combustione interna ad accensione comandata il sistema di alimentazione del combustibile costituisca uno degli apparati più importanti, in quanto solamente grazie a questo è possibile ottenere la giusta miscela di aria e combustibile che possa garantire che vi sia una combustione rapida ed al contempo completa.
Se storicamente, fino ad un decennio fa, il sistema più utilizzato risultava essere il carburatore, più o meno complesso, con uno o più sistemi ausiliari installati per garantire un corretto funzionamento anche in condizioni di minimo, in ripresa o durante l'avviamento a freddo, negli ultimi anni, grazie al progresso tecnologico ed a causa dell'inasprimento della legislazione in termini di riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera, il carburatore è stato quasi del tutto sostituito da sistemi di iniezione (indiretta o diretta) che utilizzano una pompa di iniezione strettamente collegata a centraline ECU di controllo in modo tale da garantire il giusto dosaggio per ogni punto di funzionamento, al variare del carico e delle condizioni di funzionamento. Fra i difetti principali del carburatore, il cui funzionamento era ed è legato esclusivamente alla depressione creatasi nel venturi dal passaggio della portata d'aria, differenza di pressione fondamentale per richiamare il combustibile dalla vaschetta,  c'è proprio la difficoltà di garantire i rapporti di miscela richiesti al variare delle condizioni di carico, sopratutto in condizioni particolarmente gravose per il motore e la difficoltà di poter controllare le emissioni inquinanti in tali condizioni.
L'idea di utilizzare pompe di iniezione per spruzzare il combustibile direttamente nel condotto di aspirazione o nel cilindro non è nuova nè recente: le prime applicazioni di motore GDI (Gasoline Direct Injection) o DISI (Direct Injection Spark Ignition) che dir si voglia risalgono agli anni '50, per quanto riguarda l'iniezione indiretta, invece, le prime applicazioni in scala industriale risalgono agli anni '70, per vetture di categoria alta.   La bellissima Mercedes 300 SL, entrata nella storia con il nome "ali di gabbiano", rappresenta uno dei primi esempi di autovettura in commercio che utilizzava la tecnologia dell'iniezione diretta di benzina in camera di combustione.   La tecnologia dell'iniezione, a causa degli alti costi dei componenti e dell'inadeguatezza della componentistica dell'epoca, fu in parte accantonata ed utilizzata solo per veicoli "di punta", fino all'avvento delle nuove normative europee in termini di riduzione dell' inquinamento ed all' aumento dei costi dei carburatori a causa dei tanti sistemi ausiliari necessari per garantire il controllo delle emissioni,  che hanno di fatto riportato in auge tali tecnologie.

I sistemi di iniezione indiretta possono essere del tipo "single point" o "multi point".   Per quanto riguarda i primi, l'unico iniettore è collocato a monte del collettore di aspirazione.  Per quanto riguarda la seconda tipologia, è previsto un iniettore per ogni cilindro, collocato a monte di ciascuna valvola di aspirazione.

Gli iniettori sono gestiti attraverso centraline di controllo, che, insieme al sistema di iniezione, controllano in genere anche l'angolo di anticipo di accensione e la gestione delle valvole.  Basandosi sui dati provenienti dalla sonda lambda, situata del collettore di scarico, la centralina ECU può controllare il dosaggio di combustibile in modo tale da ottenere il rapporto di miscela  desiderato.  Va ricordato che attualmente il sistema maggiormente in uso per ridurre le principali emissioni inquinanti è l'adozione di un catalizzatore a tre vie a valle del processo di combustione, che, per funzionare ed evitare che avvenga "l'avvelenamento",  impone il funzionamento in prossimità delle condizioni stechiometriche.  Ne consegue che è di fondamentale importanza che il sistema di alimentazione garantisca la possibilità di operare in prossimità di lambda = 1, piuttosto che in regimi troppo magri o ricchi.
I vantaggi in termini di riduzione del consumo specifico nel passaggio dal carburatore all'iniezione indiretta sono notevoli, così come la riduzione delle emissioni inquinanti.
La possibilità di operare con velocità dell'aria minore rispetto al carburatore, la cui velocità elevata era di fondamentale importanza per garantire che nel Venturi si realizzassero le condizioni di depressione tali da richiamare il combustibile dalla vaschetta, fa sì che si possa avere un miglioramento del coefficiente di riempimento.
 La prontezza alla risposta è di gran lunga migliore, con tempi di risposta fino a cinque volte inferiori, in quanto ovviamente l'inerzia riguardante le piccole portate di combustibile è minore rispetto alla massa dell'aria.
E' altresì evidente che si hanno miglioramenti per quanto riguarda l'uniformità di alimentazione nei cilindri, il che comporta una riduzione del cinque - otto per cento del consumo specifico oltre che del rischio di detonazione.
L'esatta dosatura consente, inoltre, di ridurre le emissioni di monossido di carbonio ed incombusti, mentre la possibilità di operare con incrocio valvole consente di ridurre la produzione di ossidi di azoto, grazie all'aumento della diluizione che comporta temperature di picco minori.
Negli ultimi anni l'attenzione delle case produttrici si è spostata verso l'utilizzo di sistemi di iniezione diretta in camera di combustione.  Tali motori GDI o DISI sono al centro dell' interesse di centri di ricerca pubblici e privati, per le diverse opportunità di utilizzo che offrono.   In commercio attualmente sono diverse le vetture che utilizzano tali sistemi, a partire dai modelli JTS dell'Alfa Romeo fino ad arrivare ai FSI dell'Audi passando per i motori commercializzati con varie sigle da tutte le principali case automobilistiche.
Bel video descrittivo di come funziona il GDI Hyundai

I vantaggi del motore ad iniezione diretta sono molteplici e verranno di seguito in parte elencati.
Il fatto stesso di iniettare il combustibile direttamente in camera di combustione fa sì che questo sottragga, durante la fase di vaporizzazione, il calore non dalle pareti dei condotti, come accadeva per carburatori e motori ad iniezione indiretta, ma direttamente dalla carica fresca di aria all'interno della camera di combustione, abbassandone la temperatura.   Una riduzione della temperatura dell'aria comporta, ovviamente, un aumento della densità e di conseguenza la possibilità di incrementare il coefficiente di riempimento e, di conseguenza, migliorare le prestazioni del motore, il rendimento, abbassando il consumo specifico. 
Una temperatura più bassa dell'aria in ingresso, accoppiata alla possibilità di "giocare" in maniera maggiore con gli incroci valvola, fa sì che siano minori i problemi legati alla detonazione: ne consegue che in fase di progetto è possibile spingersi a rapporti volumetrici di compressione prossimi a 12, con il conseguente incremento di prestazioni.
Un motore GDI produce meno incombusti ed CO in condizioni di avviamento a freddo e nei transitori in quanto non c'è il rischio, come nelle altre tipologie di sistema di alimentazione, di avere condensazione di benzina sulle pareti, non c'è la necessità di arricchire oltre il dovuto.
Non va trascurata la possibilità di far funzionare il motore con una miscela che sia globalmente magra ma che preveda una tratificazione della carica, passando da condizioni stechiometriche in prossimità degli elettrodi della candela fino ad arrivare a condizioni particolarmente magre nelle zone periferiche.  In pratica, così operando,  attorno alla candela vi è una miscela omogenea nelle condizioni ideali affinchè vi sia l'accensione e possa iniziarsi a propagarsi il fronte di fiamma, che potrà sostenersi poi anche in condizioni di miscela magra, con grande risparmio in termini di consumo specifico ed allontanando il rischio di detonazione, essendo la miscela nelle zone periferiche e più lontane dalla candela, quindi nelle zone in cui è più probabile che vi siano problemi di knock, fortemente magra. 
Allo stato attuale, va scritto, solo alcune case automobilistiche adottano tale scelta impiantistica, esclusivamente per i bassi regimi, mentre per carichi elevati la miscela continua ad essere stechiometrica, anche per le problematiche legate al catalizzatore a tre vie cui si è accennato sopra. 

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